E se non fossi mai esistito/a? La realtà non esiste!

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mercoledì 29 aprile 2009

Teoria dei quanti: Einstein sbagliava

Un esperimento misura il «sapore» di una particella e rafforza la fisica moderna Scoperto un nuovo parametro S (2,725), che smentisce il paradosso del genio tedesco Da Planck a Bohr a Fermi, una «cattedrale» di idee che cambia la visione della realtà

Nel prossimo numero della rivista «Journal of Modern Optics» verrà pubblicata una scoperta di natura altamente tecnica, ma intimamente connessa con un problema che riguarda le fondamenta della fisica moderna. Ne sono autori alcuni fisici appartenenti al collettivo «Belle Collaboration», capitanati da un fisico di Formosa, Apollo Go (non tragga in inganno il nome da capsula spaziale: si tratta di un ricercatore cresciuto a Buenos Aires, laureatosi alla Boston University, che oggi divide il suo tempo tra il Cern di Ginevra, l' Università di Formosa e il centro Kek in Giappone). In sostanza, questa scoperta aggiunge un ulteriore solido puntello alla teoria quantistica, cioè alla base ultima sulla quale si regge l' intero universo microscopico delle particelle e, indirettamente, tutto quanto noi possiamo vedere, udire, toccare e annusare. I primi mattoni della moderna teoria quantistica vennero posti intorno agli anni Venti del ' 900, perfezionando brillanti intuizioni antecedenti, soprattutto di Max Planck e Albert Einstein. I nomi dei suoi architetti più famosi sono quelli del danese Niels Bohr, dei tedeschi Pauli, Heisenberg e Schroedinger, del francese Louis de Broglie e dell' inglese Paul Adrien Maurice Dirac. Un posto speciale è riservato a Enrico Fermi, che dette il nome ad un' intera classe di particelle chiamate, appunto, fermioni. Concordo con coloro che giudicano la complessa, ma elegantissima, cattedrale della fisica quantistica il maggior successo mai ottenuto dall' uomo nelle scienze della natura. I rosoni di questa cattedrale, però, a volte proiettano qualche ombra, come Einstein stesso fece notare nel 1935, mettendosi in conflitto con Bohr, e sfidando la teoria quantistica con un paradosso, al quale si collega oggi l' esperimento di Go e colleghi. Il paradosso in questione (noto come Epr, dai nomi di Einstein, Podolsky e Rosen, i suoi iniziali inventori) fa perno sul dato che niente può viaggiare a una velocità superiore a quella della luce. La teoria dei quanti, però, impone severissime restrizioni sugli stati in cui possono trovarsi sistemi fisici tra loro intimamente connessi. L' intreccio è presto spiegato: è possibile creare in natura, o in un acceleratore di particelle, delle coppie, costituite da una particella (poniamo un elettrone) e dalla sua corrispondente anti-particella (un positrone). Se si determina con certezza lo stato di una delle due (per esempio che ha una magnetizzazione orientata verso Nord), lo stato dell' altra ne risulta anche noto con certezza (magnetizzazione orientata verso Sud). Einstein e colleghi immaginarono che una simile coppia particella-antiparticella venisse creata e che si lasciassero allontanare le due particelle una dall' altra, indisturbate, per miliardi di chilometri (o di anni luce, poco importa). Il paradosso nasce dal fatto che, se adesso facessimo una misura sulla prima particella, in un punto dell' universo, avremmo anche istantaneamente informazioni sicure sull' altra particella, lontanissima. Questo è imposto dalla teoria quantistica. Ma allora tale informazione istantanea dovrebbe poter viaggiare a una velocità superiore a quella della luce, il che è impossibile (la teoria della relatività lo esclude). Conclusione di Einstein: la teoria quantistica è incompleta, ha una falla da qualche parte nelle sue fondamenta. Bohr rispose che le due particelle costituiscono un solo sistema fisico, non due entità distinte, e che il paradosso sparisce quando si smette di considerare la misura su una delle due particelle come distinta dalla misura sull' altra particella. Quella misura è, a tutti gli effetti, una misura su un unico sistema quantistico, un sistema che non si lascia scomporre in due particelle separate. Gli anni passarono, alcuni fisici introdussero delle grandezze fisiche «nascoste» (sic) che sarebbero ben reali, ma non misurabili, e che risolverebbero il paradosso, lasciando inalterate sia la teoria quantistica che la teoria della relatività. Un grande fisico di origine irlandese, John Stewart Bell, nel 1964 distillò da questa illustre diatriba una formuletta geniale. Si facciano davvero queste misure su particelle e anti-particelle (non occorrono miliardi di chilometri, bastano misure istantanee a pochi metri di distanza, in un apparato raffinatissimo) e si misuri un certo parametro (chiamato S). Se questo è inferiore a 2, allora si convalida l' ipotesi delle variabili nascoste, e si mostra che Einstein, Podolsky e Rosen avevano ragione. Se, invece esso è pari a circa 2,83 (per esattezza: due moltiplicato per la radice quadrata di due), allora si convalida la teoria quantistica classica. Questo è stato fatto molte volte nel frattempo, soprattutto misurando l' angolo di polarizzazione di coppie di fotoni, e pare proprio che la teoria quantistica prevalga. Ma quegli esperimenti sono stati dibattuti su basi statistiche. Adesso Go e compagnia lo hanno fatto, per la prima volta, con delle particelle pesanti, cioè dotate di massa: delle coppie di mesoni e anti-mesoni, nelle quali si è osservato il «sapore» (flavour, una proprietà fisica assai diversa da quelle misurate precedentemente). Ebbene, il parametro di Bell misura 2,725! Lontanissimo da 2 e assai vicino al fatidico 2,83. Insomma, vincono i quanti. Le fondamenta già note della fisica si trovano ulteriormente rafforzate. Bell amava spiegare il paradosso Epr con i colori dei calzini di un suo collega notoriamente molto distratto. Se io osservo nella sua valigia, a Tokio, un calzino giallo scompagnato, istantaneamente concludo che esiste un calzino giallo scompagnato nel suo guardaroba di casa, a Belfast. Quindi, ho fatto una misura più veloce della luce. Ma la lezione di Niels Bohr era proprio che, a differenza dei calzini, così ben separabili uno dall' altro, le particelle del mondo microscopico non sono separabili. Detto meglio, non possiamo nemmeno immaginare di separarle una dall' altra, per osservarle una alla volta. Con buona pace di Einstein, Podolsky e Rosen.

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