E se non fossi mai esistito/a? La realtà non esiste!

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A nu cert moment lascio la Terra! Certamente!!

mercoledì 23 dicembre 2009

Liberarsi di una convinzione limitante

Se ci rendiamo conto che una convinzione ci limita possiamo decidere di avviare un processo che ci consenta di smontare quella convinzione e magari di sostituirla con una che riteniamo più funzionale.
Non bisogna avere paura nell’acquisire nuove convinzioni potenzianti e nel liberarsi di quelle limitanti. Superare i propri limiti e acquisire nuovi strumenti che ci danno potere può solo avere effetti positivi sulla nostra vita. Sarà la nostra ragione a suggerirci quali convinzioni rappresentano per noi un ostacolo e devono quindi essere sostituite.

Se hai sempre sognato di dipingere un quadro, ma fin dall’infanzia ti sei convinto (o ti hanno convinto) di essere negato per il disegno, probabilmente non hai mai avuto il coraggio di acquistare un manuale di pittura. A che serve cimentarsi in qualcosa per la quale sei convinto di essere negato? E’ evidente che in una situazione del genere ciò che ti ha impedito di imparare a dipingere è stata proprio quella convinzione limitante.

Bisogna imparare a dare il giusto ordine alle cose: a volte pensiamo di essere fatti in un certo modo e ci convinciamo che quel nostro modo di essere può o non può permetterci di fare certe cose. In realtà, nella maggior parte di queste situazioni, la causa andrebbe invertita con l'effetto: è la nostra convinzione di potere o non poter fare una certa cosa che ci fa comportare in quel modo (che è un modo coerente con la nostra credenza limitante).

Ma torniamo alla convinzione sulle nostre limitate capacità artistiche. Cosa succederà quando inizierai a credere di poter imparare a dipingere? Ovviamente non dipingerai come il Caravaggio dopo pochi minuti, ma intanto avrai “aperto” la tua mente di fronte ad un argomento verso il quale era rimasta completamente chiusa. Se fino a quel momento non prendevi assolutamente in considerazione l’idea di frequentare un corso di pittura, ora, nel dubbio (o nella convinzione) di poter riuscire ad imparare, potresti fare una valutazione diversa. E non è questa una nuova risorsa che la tua mente ti mette a disposizione, semplicemente dopo aver cambiato la tua convinzione? Ma la tua mente potrebbe consentirti l’accesso a tante altre risorse: potrebbe raccogliere altre informazioni e rielaborarle, potrebbe darti gli stimoli e la concentrazione giusta per riuscire nel tuo scopo; potrebbe darti la forza di perseverare anche di fronte agli eventuali tentativi falliti. Tutto ciò perché è convinta di potercela fare. Ecco le risorse nuove alle quali accederesti cambiando le tue convinzioni: se avessi continuato a credere di non essere portato per la pittura non ti saresti nemmeno concesso il tempo di verificare se esiste un libro per “aspiranti pittori che si considerano negati per la pittura”...

Ma come fare per smontare una convinzione che ci limita? Lo facciamo intervenendo sue due fronti; un primo approccio prevede un’analisi razionale per verificare se effettivamente le cose stanno così come noi crediamo che siano; in un secondo momento interveniamo sulle rappresentazioni interne associate alla nostra credenza: in questo caso ci viene in aiuto la PNL attraverso la manipolazione delle submodalità. In realtà anche nel caso dell’analisi razionale non facciamo altro che riconsiderare la nostra credenza da una nuova angolazione e ciò va a modificare la percezione che noi abbiamo di essa, quindi a modificare la nostra rappresentazione interna. Sono pertanto due approcci paralleli che si rinforzano a vicenda.

Prendiamo un foglio di carta sul quale scriveremo la nostra analisi: è fondamentale scrivere, perché ciò ci permette di elaborare meglio le informazioni e di rileggerle nei giorni successivi.
Scrivi la tua credenza limitante, sotto forma di affermazione. Ad esempio “Sono negato per il disegno” oppure “Penso di essere incapace di stringere relazioni con gli altri”…

Le forze che ci spingono a cambiare una situazione sono due: o il dolore che proviamo per la condizione nella quale ci troviamo o il piacere che proveremo una volta raggiunta la nuova condizione (approfondiremo questo argomento in un post futuro).
Cerchiamo quindi di associare dolore alla nostra credenza limitante, in modo da trovare la forza di "rinnegarla". A tal fine poniamoci le seguenti domande e scriviamo le risposte sul nostro foglio:

  • Quanto mi costerà non liberarmi di questa credenza?
  • Quali effetti negativi in termini emotivi, affettivi, economici o fisici potrei riscontrare non liberandomi da questa credenza?

Abbiamo poi bisogno di mettere qualche “candelotto di dinamite” sotto la nostra credenza, in modo da far saltare qualche pilastro e farla crollare. Cerchiamo quindi di scrivere tutto ciò che è in discordanza con la nostra credenza e che può aiutarci a demolirla. Tale compito può essere facilitato rispondendo alle domande seguenti:

  • Da cosa deriva questa mia credenza? E’ confermata da esperienze personali o mi è stata trasferita da un’altra persona, da un genitore, dai media, dall’ambiente nel quale vivo?
  • Se la credenza mi è stata trasferita da terzi (amici, genitori etc.), ciò è sufficiente per considerare tale affermazione valida anche per me? Perché? E’ opportuno considerare l’eventuale persona che mi ha trasferito la credenza come un modello di riferimento?
  • Credo in tale affermazione da sempre o ho iniziato a crederci a partire da un momento preciso della mia vita? Se è così, perché prima non ci credevo?
  • Cosa mi fa ritenere che questa convinzione sia oggettivamente vera? Ho dei dati riscontrabili che sia effettivamente così? E se li ho, è possibile ritenere che siano dati sufficienti per considerare tale affermazione come universale e sempre valida anche in futuro?
  • Ci sono degli aspetti della mia credenza che, ad un’analisi distaccata, imparziale e razionale, risultano palesemente irrealistici o per certi versi assurdi o bizzarri?
  • Ci sono situazioni particolari o eventi passati, in cui ho smentito completamente la mia credenza o nei quali la mia credenza è stata solo parzialmente confermata? Ci sono situazioni o eventi che riguardano altre persone in cui tale credenze è stata smentita?

Scrivi quindi un elenco di episodi o situazioni che smentiscono la tua credenza e cerca di raccogliere quante più informazioni possibili che contrastino con la tua credenza. Possono essere esperienze personali o accadute ad altri. Ne troverai sicuramente diverse perché le verità assolute si contano sulle dita di una mano e qualsiasi cosa di cui sei convinto può essere facilmente smentita.

Ora scrivi una convinzione potenziante che vada a sostituire la precedente. Ad esempio se la tua convinzione limitante era “sono negato per il disegno” scrivi “sono convinto di poter imparare a disegnare” e inizia fin da subito a cercare riscontri alla tua nuova credenza potenziante. Lasciati guidare dalle seguenti domande:

  • Esistono degli episodi e delle situazioni in tutta la mia vita passata che possano confermare la nuova credenza potenziante? Quali sono?
  • Esistono testimonianze di terzi che possono confermare quanto ho affermato? Quali sono?
  • Esistono situazioni passate assimilabili alla nuova affermazione che possano farmi ritenere che quest’ultima sia effettivamente credibile? Quali sono?

Infine cerchiamo di associare molto piacere all’idea di far propria la nuova credenza potenziante. A tal fine scriviamo sul nostro foglio tutto ciò che di utile e di piacevole ci porterà la nuova convinzione. Ecco alcune domande che possono farci da guida:

  • Mi è utile accettare questa nuova credenza potenziante? Cosa avrei da guadagnare “facendo mia” questa nuova credenza?
  • Come cambierà la mia vita e quali obiettivi potrò raggiungere?
Lo scopo è quindi scrivere quante più informazioni possibili per ”screditare” la vecchia credenza limitante e di scriverne altre per avvalorare la nuova “credenza potenziante”. E’ come se dovessimo cercare di convincere noi stessi che le cose stanno in modo diverso. Non è che stiamo cercando di prenderci in giro: è che ogni cosa si può interpretare in tanti modi diversi e noi dobbiamo solo cercare di far nostra l’interpretazione che ci è più utile.
Così, se la nostra credenza limitante è: “sono brutto e non ho successo in amore” (e magari sarà pur vero…), è anche un dato di fatto che “in giro si vedono decine di coppie in cui ci si chiede come faccia l’uno a stare con l’altro”. Quindi avremo sempre delle informazioni che ci permettono di interpretare in modo diverso (e più utile) ogni nostra credenza.

Vedrai che basterà anche insinuare un piccolo dubbio nella vecchia credenza limitante per avviare in modo automatico tutto il processo. Poi le nuove risorse alle quali accederemo e le nuove azioni che ne conseguiranno ci faranno ottenere dei risultati che rafforzeranno ulteriormente le nostre nuove credenze potenzianti in una sorta di circolo virtuoso che ci darà sempre più potere.
Ciò che abbiamo scritto va letto con una certa frequenza: la sera, la mattina o due, tre o dieci volte al giorno... non c’è una regola precisa. Fallo fin quando non avvertirai di aver realmente acquisito la nuova credenza, cioè fino a quando, pronunciando ad alta voce la nuova credenza, non capirai dal tono di voce di averla effettivamente fatta tua.

martedì 1 dicembre 2009

Il labirinto delle nostre convinzioni.

Come si sono formate e radicate nella mente le numerose credenze che ognuno di noi ha? L’origine può essere diversa:

  • gli insegnamenti e i modelli educativi che abbiamo avuto fin dall’età infantile ci hanno trasferito un’enorme quantità di convinzioni su tutto ciò che ci circonda.
  • le esperienze personali ci fanno continuamente “convincere” (o dubitare) di qualcosa.
  • Ci convinciamo di molte cose semplicemente per "sentito dire": il confronto con gli altri è un altro importante strumento per l’acquisizione di convinzioni.

Abbiamo già parlato di convinzioni limitanti e potenzianti. In questo post approfondiremo il discorso sulle prime, visto che ci limitano ed è quindi opportuno modificarle.
Nell’ambito delle convinzioni è possibile fare diverse classificazioni.
Alcune convinzioni limitanti sono a carattere soggettivo e si riferiscono a qualità e caratteristiche dell’individuo che le fa proprie. Eccone un esempio:

  • Non riuscirò mai a suonare uno strumento perché non sono portato per la musica.
  • Sono una persona sensibile e pertanto soffrirò sempre tanto.
  • Non posso avviare un negozio o un’attività in proprio perché per vendere qualcosa bisogna esserci portati e io non lo sono mai stato.
  • Non riesco a portare a compimento le cose, purtroppo è sempre stato così.
  • Visto che mio nonno e mio padre hanno avuto problemi di cuore, allora anche io sono destinato a soffrire delle stesse patologie.
  • .....

Ognuno di noi ha tantissime convinzioni sulla propria persona e sul proprio modo di essere ed è piuttosto evidente come il genere di convinzioni sopra elencate possa condizionare l’intera esistenza di un individuo.

Esistono poi convinzioni alle quali attribuiamo un carattere universale, come se fossero leggi valide per tutti, in ogni tempo e in ogni luogo. Eccone alcuni esempi:

  • Non è possibile fare tante cose in modo preciso. Nella vita bisogna sceglierne poche e farle bene.
  • La gente è sempre pronta ad approfittare di te e a cercare di sfruttarti.
  • E’ difficile che esista un’amicizia sincera tra uomo e donna.
  • Una persona che ti ha già lasciato una volta, lo farà anche la seconda volta.
  • ...


In realtà basterebbe un’analisi anche superficiale delle esperienze degli uomini per capire che sono ben poche le convinzioni che possono elevarsi al rango di universalità.

Ci sono anche convinzioni espresse sotto forma di regole, del tipo “se accade questo allora vuol dire quest’altro”:

  • Se fai capire alla tua donna che per te esiste solo lei, allora prima o poi ti lascerà.
  • Se ti fai i soldi perderai i veri amici e si faranno vive solo persone che vogliono sfruttarti.
  • Se non sei intransigente con i tuoi dipendenti, prima o poi se ne approfitteranno e lavoreranno in modo svogliato.
  • Se concedi una mano a qualcuno, la prossima volta ti chiederà il braccio.
  • Se la tua donna ti chiede qualche giorno di riflessione, allora vuol dire che ha già deciso di lasciarti.
  • ...


Preso atto che non puoi fare a meno di credere in qualcosa (altrimenti non avresti i necessari punti di riferimento per orientare i tuoi comportamenti), dovresti per lo meno acquisire l’abitudine di considerare ogni tua convinzione come un’affermazione puramente soggettiva, senza alcun carattere di universalità e di validità atemporale. Dopodiché sarebbe opportuno insinuare un dubbio in ogni credenza che hai considerato fino ad oggi come una verità inconfutabile. Anche ipotizzare semplicemente che le cose potrebbero non essere così, che ciò in cui credi potrebbe anche non essere vero, ti permetterà di vedere il mondo sotto un’ottica diversa, meno rigida, più flessibile, che ti permetta di costruire una dimensione più utile per raggiungere obiettivi e stati che ti procurino serenità. Infine dovresti imparare a crearti convinzioni compatibili con ciò che vuoi ottenere e con ciò che ti procura sensazioni piacevoli.

A volte capita di avere una sorta di rivelazione: ci si rende conto in un momento preciso di quanto siamo condizionati da questo spropositato insieme di regole e credenze che ci siamo creati e che pesa su di noi come un macigno. E’ come vedersi all’improvviso all’interno di un labirinto, dove le nostre credenze sono le pareti che ci guidano, che ci obbligano a svoltare a destra e a manca, a prendere questo o quel corridoio. Sono le nostre convinzioni e i nostri valori (che sono credenze ancor più forti e radicate) che ci spingono a comportarci in questo o in quel modo, ad interpretare gli eventi in un senso o in un altro. Fin quando non prendiamo consapevolezza di ciò che ci limita, abbiamo l’illusione di vivere in uno spazio aperto: è come se le pareti del labirinto, seppur presenti, fossero trasparenti. Abbiamo l’illusione di poterci muovere come vogliamo. Ma quando prendiamo consapevolezza dei limiti che ci impongono le nostre convinzioni, viviamo un momento di rivelazione durante il quale le pareti del labirinto perdono la loro trasparenza e prendono colore: ci rendiamo finalmente conto di quanto siamo incastrati in quel dedalo di incroci e corridoi. Ci rendiamo conto di quanta strada inutile dobbiamo fare per andare da un punto A ad un punto B a causa dell’intrico di vie che dobbiamo attraversare. Ma assumere consapevolezza del labirinto nel quale ci troviamo è anche il primo passo per smontare ogni parete e per rimontarla in modo meno intricato, più utile e funzionale. E’ il primo passo per creare spazi più aperti e vivibili.

Così fin da subito, appena ti accorgi che una tua convinzione ti sta imponendo una via da seguire e avverti di non trovarti completamente a tuo agio lungo quella strada, inizia ad alimentare qualche dubbio. Chiediti: “Le cose stanno veramente così o potrebbero essere interpretate diversamente?”. Solo imparando ad interpretare le cose in modo diverso e non attraverso i parametri che usi da sempre, acquisirai la flessibilità necessaria per poter veramente pensare di poter fare tutto ciò che hai sempre sognato. Solo smontando e ricostruendo le tue convinzioni, cioè acquisendo nuovi modelli interpretativi, nuovi filtri per osservare il mondo, nuovi stili e comportamenti avrai in mano la chiave per diventare chi vuoi essere veramente.

Cerca di educare il tuo cervello fin da subito. Così, mentre constati che quel tuo amico avrebbe dovuto chiamarti e non lo ha fatto, invece di “convincerti” che “si sta comportando così perché sta cercando di allontanarti”, chiediti: “è proprio sicuro che le cose stiano così? C’è un’altra spiegazione che io ignoro?”.
Quando ti chiederanno di ricomporre un oggetto che si è rotto, invece di pensare che “non è un lavoro per te e che non sei portato per i lavori di precisione!”, prova a chiederti: “ma davvero deve essere così difficile montare questo oggettino? Davvero non sono in grado di guidare le mia dita in questo semplice lavoro manuale?”.

Prova ad aprire qualche nuovo varco nel tuo labirinto, cerca nuovi modi di interpretare gli eventi, nuove strade da percorrere che non siano quelle che hai già battuto centinaia di volte.

L’unica cosa di cui dovresti essere convinto è che “tutto ciò di cui ora sei fermamente convinto... potrebbe anche non essere vero”.

Il ciclo del successo


Riprendiamo il discorso sulle convinzioni ossia, come ciò in cui crediamo fermamente determina le nostre azioni. Abbiamo visto come la nostra mente possa addirittura arrivare ad auto-sabotarsi pur di rimanere coerente con ciò in cui crede fermamente.
Ognuno di noi ha una gran quantità di convinzioni. Ciò in cui crediamo regola continuamente i nostri comportamenti, influisce sulle nostre scelte, condiziona i nostri risultati.

Ad esempio molti uomini sono convinti che “un rapporto tra uomo e donna possa durare a lungo solo se l’uomo si comporta in modo freddo e distaccato e dà l’impressione di non essere mai completamente innamorato della sua compagna”. La relazione che questi uomini instaurano con il partner è evidentemente condizionata dalla loro credenza: cercano di non essere troppo sdolcinati, di non lasciarsi andare più del dovuto, si circondano sempre di un alone di mistero. Quindi i nostri comportamenti e le nostre azioni dipendono anche da ciò di cui siamo convinti.

Ma sulle convinzioni è necessario fare altre importanti precisazioni.

Essere convinti di qualcosa non vuol dire che quella cosa sia oggettivamente vera. Ricordatevi che un tempo eravate fermamente convinti dell’esistenza di Babbo Natale e avreste preso a morsi chiunque avrebbe cercato di sostenere il contrario. Se non lo ricordate, provate a dire ad un bambino che Babbo Natale non esiste e osservatene la reazione: nessuno di noi, anche in età infantile, accetterebbe di mettere in discussione facilmente le proprie convinzioni. Eppure oggi su Babbo Natale avete cambiato opinione (o almeno si spera ... ).Quindi prendete atto che ciò a cui credete oggi potrebbe anche non essere vero e che, in merito ad un certo argomento, fra un giorno, un mese o un anno potreste avere un’opinione completamente diversa.

Esistono credenze limitanti e credenze potenzianti. Le convinzioni limitanti rappresentano per noi un ostacolo, ci condizionano negativamente e non ci permettono di raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati o di soddisfare i nostri desideri. Ad esempio ci sono persone che desidererebbero girare il mondo alla ricerca di tanti stimoli culturali, ma allo stesso tempo sono convinte che viaggiare sia pericoloso. Quindi da un lato desiderano viaggiare, ma dall’altro hanno una credenza che li limita. Tale convinzione condizionerà evidentemente le loro scelte e pertanto potrebbero decidere di rinunciare ai viaggi o di optare per mete meno interessanti culturalmente, ma ritenute più sicure.
All’inverso ci sono credenze che ci danno potere: sono quelle convinzioni che ci permettono di mettere in campo tutte le risorse di cui disponiamo pur di ottenere i nostri scopi. Ovviamente la classificazione tra convinzioni limitanti e potenzianti è del tutto soggettiva.

Troppe volte decidiamo di apportare un cambiamento sostanziale alla nostra vita o di fissarci un obiettivo senza verificare se le nostre convinzioni sono compatibili con il fine che vogliamo raggiungere. Se sogniamo di fare carriera in azienda acquisendo la qualifica di caporeparto, ma allo stesso tempo siamo convinti di non essere portati per un ruolo di responsabilità, evidentemente tale convinzione rappresenterà per noi un limite.

Quindi non è molto intelligente navigare in una certa direzione se abbiamo una o più convinzioni che remano nella direzione opposta: in nome di quel “principio di coerenza” al quale si attiene la nostra mente (e del quale abbiamo parlato in passato), rischieremmo di affrontare la situazione con risorse molto limitate e ciò potrebbe condizionare negativamente i nostri risultati.

Lo “schema del successo” riportato nell'immagine allegata a questo post spiega chiaramente in che rapporto sono le nostre convinzioni con le azioni e i risultati che otteniamo.

Quando abbiamo convinzioni molti forti accediamo ad un potenziale molto elevato: è come se la nostra mente si “aprisse”e accedesse ad una quantità di risorse utili alla quale normalmente non accede. Le risorse potenziali alle quali accediamo ci fanno agire in un certo modo e le nostre azioni producono dei risultati. I risultati, siano essi soddisfacenti o meno, vanno ad influire sulle nostre convinzioni, chiudendo il cerchio.

Facciamo l’esempio di una persona convinta di essere poco attraente per le donne. Si innamora pazzamente di una donna e decide di dichiararsi, pur rimanendo fermamente convinto di non essere attraente. Tale convinzione limitante lo porterà ad accedere a risorse poco utili per il fine che vuole perseguire: è infatti probabile che la persona acceda a stati d’animo di insicurezza e di ansia; la paura di fallire, l’incertezza e l’imbarazzo lo faranno agire in modo impacciato e poco incisivo e le sue azioni produrranno dei risultati che probabilmente non saranno soddisfacenti; tali risultati andranno a rafforzare la convinzione limitante; la persona non farà altro che confermare quanto già era convinto di sapere: - “ero sicuro che non sarei riuscito a conquistarla; purtroppo non sono attraente... non posso farci nulla, sono fatto così...
In realtà una delle principali cause del suo fallimento è stata proprio la convinzione limitante che lo ha condizionato fin dall'inizio e che, a causa del suo fallimento, lo limiterà in futuro in modo ancora più evidente.

Le persone non tentano nemmeno lontanamente di cimentarsi con certe cose solo perché sono convinte di non essere in grado di farle: magari hanno provato due o tre volte, già convinte di non riuscirci; tale convinzione ha prodotto risultati mediocri e, dopo pochi tentativi falliti, hanno deciso di non provarci più.
Quanti di noi conoscono una persona di una certa età che afferma di non essere portata per la tecnologia e rifiuta anche di imparare ad usare il telecomando? Provate a chiedere a quella persona quante volte ha deciso seriamente di imparare ad usare un prodotto tecnologico. E’ probabile che non abbia mai provato o, se ha tentato, lo ha fatto in un modo talmente poco utile (limitato dalla convinzione che “posso anche provare tanto lo so che non ci capisco niente...”) che alla fine non poteva che fallire: ciò ha rafforzato la sua convinzione limitante a tal punto che rifiuta anche di dedicare pochi secondi per capire come fare una telefonata con il cellulare.

Il ciclo del successo funziona ovviamente anche all’inverso per le convinzioni potenzianti. Avere convinzioni che ci danno potere ci permette di accedere a risorse positive che producono azioni adeguate e risultati soddisfacenti che vanno a rafforzare le nostre iniziali convinzioni.
E quanto più una convinzione è forte tanto più è difficile metterla in dubbio, anche nel caso di un insuccesso.
E’ il caso della persona convinta di essere un grande corteggiatore che riceve un rifiuto da una donna: quanto più la sua convinzione è forte, tanto meno quell’insuccesso andrà a scalfire la sua convinzione e ciò gli permetterà di continuare ad accedere a risorse potenzianti ogni volta che dovrà corteggiare una donna. Certo, nel caso in cui dovesse fallire ripetutamente, la sua convinzione perderebbe forza e verrebbe sostituita da una meno potenziante.

Il concetto fondamentale che voglio trasferire con questo post è che, per poter fare qualsiasi cosa nel modo migliore, è necessario essere convinti di poterci riuscire. La nostra mente non riesce a metterci a disposizione le migliori risorse per seguire un percorso se ha anche il minimo dubbio che le cose possano andar storte.

Nei prossimi post scopriremo come individuare e cambiare le convinzioni che ci limitano. Intanto per capire quanto è radicata in te una convinzione puoi fare un esperimento molto semplice: pronuncia ad alta voce la frase “io mi chiamo (nome e cognome) ed ho (xx) anni”. Vedrai come il tuo modo di esprimerti e il tuo tono di voce comunichino sicurezza e convinzione. Ora fai ad alta voce altre affermazioni di cui ritieni di essere più o meno convinto: paragonando la tua espressività con quella ottenuta quando hai pronunciato il tuo nome e cognome, capirai quanto è radicata quella convinzione in te.

le nostre convinzioni

L’adagiarsi sulle abitudini è uno dei tanti ostacoli che poniamo lungo la strada del cambiamento . Siamo soliti “rifugiarci nella routine” perché abbiamo bisogno di soddisfare un preciso bisogno della nostra mente: il sentirsi “sicuri”. Percorrere sentieri già noti vuol dire evitare di esporsi a rischi. E la mancanza di rischi ci procura tranquillità e senso di sicurezza che frenano inevitabilmente qualsiasi velleità di cambiamento; a meno che il rimaner vincolati alle nostre abitudini non ci provochi una certa dose di dolore: in tal caso accettiamo il rischio di abbandonare le vecchie abitudini ed iniziamo ad esplorare percorsi nuovi (vedremo in futuro come il dolore associato ad un certo status sia la molla principale che ci spinge a cambiare).

Ma oggi rimaniamo ancora concentrati su ciò che limita il cambiamento. Con il termine “cambiamento” intendo il raggiungimento di uno status diverso da quello abituale, a qualsiasi livello. Cambiamo quando superiamo una paura che ci blocca, quando troviamo le risorse necessarie a raggiungere un obiettivo, quando impariamo a fare chiarezza sulle cose che desideriamo e che vogliamo ottenere, quando mettiamo ordine nel nostro insieme di valori e così via... Ogni volta che ci attiviamo per raggiungere uno “stato diverso” da quello ordinario, otteniamo un cambiamento.

Uno dei limiti più grandi al cambiamento, che caratterizza la mente di tutti gli essere umani, è il bisogno di “coerenza” che è, ancora una volta, una conseguenza diretta del nostro fondamentale bisogno di “sicurezza”.
Basta una riflessione di pochi minuti per capire quanto abbiamo bisogno di restare coerenti con i principi in cui crediamo e quanto sia difficile cambiare opinione rispetto a qualcosa di cui siamo profondamente convinti. Le persone sarebbero capaci di morire pur di restare coerenti con i loro principi e le loro convinzioni. Il motivo è piuttosto evidente: per poter vivere in un mondo così caotico ed eterogeneo abbiamo bisogno di forti punti di riferimento. Il nostro modo di interpretare gli eventi esterni, il nostro modo di rapportarci agli altri, così come ogni nostro comportamento si basa su dei cardini molto forti che non possono essere messi in discussione facilmente: se la nostra mente mettesse continuamente in discussione i suoi punti di riferimento, ci sentiremmo completamente disorientati e la nostra esistenza diventerebbe praticamente invivibile.

Facciamo un esempio semplice. Ognuno di noi ha un insieme di “credenze” cioè un insieme di cose di cui è profondamente convinto.

Prendiamo ad esempio un uomo che è convinto di non essere attraente per le donne. Questo genere di convinzione potrebbe essere nata dopo aver ricevuto un “due di picche” o magari perché quell’uomo è “convinto” di essere timido e poco interessante. Fatto sta che questo genere di credenza è radicata nella sua mente ed è diventata un punto fermo, un paletto di riferimento che condiziona la sua esistenza. Il problema più grande è che la nostra mente – come già detto - ha un bisogno “esagerato” di rimanere coerente con le proprie convinzioni. Ecco quindi che quest’uomo, convinto di non essere attraente, pur di dimostrare a se stesso di “aver ragione” attuerà tutta una serie di comportamenti che lo porteranno facilmente a confermare la sua convinzione. Al limite potrebbe attuare una sorta di auto-sabotaggio, pur di rimanere coerente con la sua credenza.

Osserviamo infatti il comportamento tipico di un uomo che non si ritiene attraente. Supponiamo che ad una festa una donna mostri interesse per quest’uomo e glielo lasci intendere. L’uomo in un primo momento si sentirà disorientato perché si troverà di fronte ad un evento che non è coerente con la sua convinzione. E’ probabile che dopo un poco, nonostante gli evidenti ammiccamenti della donna, si “convinca” che si tratti di uno sbaglio o di un’incomprensione. Penserà: “probabilmente quei sorrisi ammalianti sono rivolti a quell’uomo che è dietro di me” (magari la persona dietro di lui è oggettivamente bruttissima, ma, pur di restare coerente con la sua credenza, si “convince” che sia più attraente di lui). Ecco il genere di pensieri che potrebbe affiorare nella mente del nostro uomo:
- “probabilmente quella donna ha un tic all’occhio e io l’ho scambiato per un invito”.
- “probabilmete deve essere una pazza depressa che si accontenta del primo che capita a tiro. Ma in realtà non ha nessun interesse per me."
- “quella donna mi sta prendendo per il culo. Sono sicuro che i miei amici mi hanno organizzato uno scherzo”.
- “sta cercando di attaccare bottone con me solo perché vuole che io le presenti il mio amico. Mi sta usando da tramite...”

Poi magari il suo più caro amico gli si avvicina e gli dice: “ma ti rendi conto di come ti guarda quella donna? Cosa aspetti?”. Ed ecco che il nostro uomo è ancora più disorientato perché, ancora una volta, la sua convinzione sta per essere minata da qualche dubbio. Ma il suo “bisogno di coerenza” è sempre in agguato e troverà mille giustificazioni per dimostrare il contrario. E se quella donna dovesse diventare insistente con gli sguardi, magari tentare un approccio, il nostro uomo preferirà defilarsi: inizierà ad evitare di incrociare gli sguardi, fingerà di essere preso da una discussione politica, al limite cercherà di nascondersi dietro ad una tenda. In altre parole inizierà quella tipica fase di “autosabotaggio” finalizzata a dimostrare a se stesso che le cose stanno così, proprio come lui è convinto che siano. Perché non c’è cosa più “sicura” e “tranquillizzante” che dirsi “io so chi sono, so come sono fatto, ed è proprio così che vanno le cose”.


Quello che succederebbe all’uomo impacciato se il giorno successivo trovasse un donna che gli dicesse di non ritenerlo attraente: a nulla varrebbero gli ammiccamenti della sera prima. La sua convinzione di non essere attraente è ben radicata e l’evento negativo non fa altro che rafforzare ulteriormente questa convinzione. Facendo la media dovrebbe razionalmente ritenere di essere attraente per alcune donne e poco attraente per altre. Ma questi meccanismi non sono di dominio della ragione. Basterà un solo evento negativo per rafforzare la convizione limitante, perché il bisogno di coerenza, il bisogno di dire “sono fatto così” è troppo forte per essere messo in discussione anche da due, tre o quattro eventi contrari alla propria convinzione.

Ecco che se vogliamo ottenere qualcosa e siamo convinti di non riuscire ad ottenerla, allora è meglio non provarci: apriremmo le porte al fallimento e ciò alimenterebbe ancor di più la nostra convinzione limitante.

Avete mai sentito qualcuno che dice “sto cercando di smettere di fumare, ma non sono sicuro di riuscirci”? E' riuscito costui a smettere di fumare? Se non era convinto di raggiungere l’obiettivo, come poteva mai ottenerlo? Anche se fosse stato fermamente convinto di farcela, non è detto che ci sarebbe riuscito, perché sarebbero potuti intervenire tanti altri fattori imprevedibili. Ma figuriamoci se è partito già con la convinzione di fallire! La sua mente non gli avrebbe mai permesso di sacrificare il suo “bisogno di coerenza”.

Ovviamente avere forti convizioni ha anche un valore positivo, quando ovviamente ci riferiamo a convizioni potenzianti. Così chi è convinto di essere portato per la matematica potrà sbagliare i calcoli anche dieci volte, ma la sua credenza potenziante lo porterà a “sbattere talmente la testa” su quel quaderno che prima o poi risolverà il problema... proprio perché è convinto di essere “bravo in matematica” e non può smentire questa sua convinzione.
Chi è convinto di “saperci fare con le donne” potrà prendere anche 10 pali consecutivi, ma non si rassegnerà; e quando all’undicesima volta gli andrà bene, dirà fra sé e sé: “lo sapevo che ci riuscivo, perché l’ho sempre saputo che ci so fare con le donne”. Il bisogno di confermare la sua convinzione gli avrà dato le risorse necessarie per tentare e ritentare più volte, per cambiare tattiche e correggere il tiro, fino ad ottenere il risultato desiderato.

Il nostro sistema di credenze può essere la fonte di una potenza illimitata come la causa di drammatici fallimenti. Credenze fortissime sono alla base di tutti i grandi successi dell’umanità. Si dice che Thomas Edison abbia fallito ben 10.000 volte (!) prima di riuscire a inventare la lampadina. Se non avesse avuto alla base la convinzione assoluta di poter ottenere luce attraverso la corrente elettrica si sarebbe arreso al secondo tentativo. Era convinto di farcela e niente avrebbe potuto minare la sua convinzione (nemmeno 10.000 tentativi falliti!).

L’argomento trattato oggi va sicuramente ampliato e sviluppato. Vanno descritte le tecniche per smontare le convinzioni limitanti e rimpiazzarle con convizioni potenzianti. Ciò sarà argomento dei prossimi post.

Per il momento fai un semplice esercizio: scrivi su un foglio di carta tutte le convizioni che ritieni limitanti. Poi riscrivi tutte le convinzioni anteponendo a ciascuna di esse la frase “A me sembra che”. Ad esempio se hai scritto “sono convinto di essere una persona disordinata”, riscrivi sul secondo foglio “a me sembra di essere una persona disordinata”. Poi aggiungi in coda la frase “in realtà non sono poi così convinto di esserlo”. Quindi la frase finale diventerà “A me sembra di essere una persona disordinata. Ma in realtà non sono poi così convinto di esserlo”. Rileggi ciò che hai scritto ogni giorno per una decina di giorni: potrai già notare un cambiamento di prospettiva rispetto alle tue attuali credenze.

Rappresentazioni interne

Per capire come cambiare un comportamento o come superare un limite o una paura che ci blocca è di fondamentale importanza prendere consapevolezza di come rappresentiamo internamente le nostre esperienze. Ad esempio, cosa succede nel nostro cervello quando proviamo paura? E cosa accade dentro di noi quando ci sentiamo sicuri di noi stessi?

Iniziamo a prendere consapevolezza del fatto che noi non conosciamo il mondo in maniera oggettiva, ma possediamo solo una “mappa” soggettiva di tutto ciò che ci circonda. In PNL (programmazione neurolinguistica) si dice che “la mappa non è il territorio”: ciò vuol dire che noi possediamo solo una rappresentazione semplificata del “territorio” che ci circonda. In effetti i nostri cinque sensi filtrano le informazioni provenienti dall’esterno e il nostro cervello le organizza e le interpreta in base a dei modelli che sono differenti da persona a persona. Ognuno di noi ha una mappa diversa dello stesso territorio.

Un bicchiere di vino non è oggettivamente buono o cattivo: è buono per un sommelier, mentre può essere ritenuto cattivo da un astemio. “Parlare in pubblico” non è oggettivamente un’esperienza ansiogena: per chi ama stare al centro dell’attenzione e sentirsi importante è, al contrario, un’esperienza piacevole.
Sembrano concetti banali e invece sono di fondamentale importanza per capire come cambiare il nostro rapporto nei confronti di qualsiasi cosa che ci fa star male, che non ci aggrada o che ci limita. Erroneamente siamo portati a ritenere che lo stato d’animo connesso ad uno stimolo esterno (come ad esempio il “parlare in pubblico”) sia intrinseco allo stimolo stesso. Quindi siamo convinti che “parlare in pubblico” sia un’esperienza “portatrice di ansia” per tutti e indistintamente. In altre parole siamo inconsciamente portati ad associare lo stato d’animo allo stimolo: è come se “parlare in pubblico” portasse con sé lo stato d’ansia. In realtà siamo noi stessi che associamo a quello stimolo uno stato d’ansia: quindi sarebbe più corretto dire che “siamo noi a rappresentare l’esperienza di parlare in pubblico come un’esperienza ansiogena” e non che “il parlare in pubblico è di per sè ansiogeno”.

Ora è importante capire il modo con cui organizziamo le informazioni all’interno del nostro cervello, il modo in cui rappresentiamo ogni informazione proveniente dall’esterno. Capire ciò ci permetterà di agire su tali informazioni e modificarle al fine di “riscrivere” comportamenti che riteniamo cattivi o di installare “programmi” più utili.

Ad un’analisi superficiale possiamo affermare che ogni informazione contenuta nel nostro cervello può essere rappresentata da immagini, da suoni o da sensazioni che hanno determinate caratteristiche o proprietà.

Prova ad esempio a pensare a qualcosa che ti fa paura. Cosa si forma nel tuo cervello? Immagini fisse o in movimento? Ascolti una voce interna che ti dice qualcosa? Riprovi delle sensazioni vissute in passato quando hai provato realmente quella esperienza? Rivedi mentalmente una serie di scene (come se fosse un film) di un’esperienza vissuta e ciò ti riporta in quello stato d’animo? Ora cerca di concentrarti sulle caratteristiche di quelle immagini, di quei suoni o di quelle sensazioni: vedi immagini vivide o sfocate? Vedi te stesso in modalità associata (cioè come se vivessi in prima persona l’esperienza) o in modalità dissociata (come se tu rivedessi dall’esterno la tua persona mentre rivive quell’esperienza)? Le immagini sono grandi o piccole? I suoni che ascolti sono forti o deboli, lontani o vicini? E da quale direzione provengono? Le sensazioni sono intense?

Ogni nostro comportamento, ogni nostra convinzione in merito a qualsiasi cosa che ci circonda, ogni nostro limite, ogni nostro valore, ogni cosa che noi facciamo, temiamo, amiamo, odiamo, desideriamo, stimiamo e così via... è rappresentata nel nostro cervello mediante immagini, suoni o sensazioni. Ogni immagine, suono o sensazione ha poi determinate proprietà (in PNL vengono chiamate submodalità). Abbiamo già elencato alcune fondamentali submodalità: dimensione, posizione, volume, intensità etc…Questo è il linguaggio con cui è scritto ogni nostro programma. Per modificarlo dobbiamo dapprima capire quali sono le rappresentazioni e le relative submodalità che lo contraddistinguono. Intervenendo su quest’ultime saremo in grado di riscrivere i nostri programmi.

Riscrivere il codice nel nostro cervello



Nel post precedente abbiamo visto come il nostro comportamento risponde ad una serie di “programmi cerebrali” che sono stati “installati” nel nostro cervello nel corso degli anni, a partire dalla nostra infanzia. I primi “programmatori” sono stati i genitori ai quali si sono aggiunti gli insegnanti, gli amici, i media. Ovviamente noi stessi concorriamo più di tutti alla nostra “programmazione”, attraverso la comunicazione interna e la continua rielaborazione delle nostre esperienze.

Le porte di ingresso attraverso cui tutte le informazioni entrano nel nostro cervello sono i cinque sensi. Tutto ciò che tocchiamo, vediamo, ascoltiamo viene rappresentato e rielaborato dalla nostra mente. Tutto ciò che facciamo, le nostre azioni, i concetti che esprimiamo, le nostre convinzioni, il nostro modo di essere è funzione del modo in cui abbiamo acquisito le informazioni in ingresso e del modo in cui le abbiamo soggettivamente rielaborate.

Il processo è abbastanza semplice: appena nato mi trovo in una situazione in cui il mio cervello è completamente “vergine” (potremmo dire che è “formattato”). In realtà esistono alcuni software di base già installati nel nostro cervello: volendo continuare il confronto con i personal computer potremmo dire che anche noi, come i PC, abbiamo un BIOS contenente alcuni programmi fondamentali (come ad esempio i programmi che regolano le funzioni di base del nostro organismo). Negli anni incameriamo informazioni attraverso i sensi. Questa enorme mole di informazioni opportunamente organizzata e rielaborata condiziona il nostro modo di essere, cioè il nostro comportamento.
E’ proprio l’insieme di informazioni accumulate negli anni che ci permette di distinugere soggettivamente il bello dal brutto, o ci guida nel rapporto con gli altri, o ci fa scegliere tra questo o quel percorso di studi e così via...

Quindi se ciò che siamo è dovuto al modo in cui abbiamo acquisito, elaborato e organizzato le informazioni di input, allora per cambiare il nostro modo di essere sarà “sufficiente” elaborare in modo diverso e ri-organizzare le informazioni che già abbiamo dentro di noi e quelle che acquisiremo in futuro.

Possiamo riscrivere un programma installato nel nostro cervello? Certo! E’ quello che facciamo tutti i giorni. C’è stato un tempo in cui credevamo a Babbo Natale: rispetto ad allora qualche nostro programma è indubbiamente stato riscritto. Nella maggior parte dei casi siamo noi stessi a riscrivere i codici dei nostri programmi, man mano che facciamo nuove esperienze e acquisiamo nuove conoscenze.

Spesso interpretiamo il cambiamento come un percorso che deve cozzare contro un nostro modo di essere. Riteniamo che cambiare significhi cercare a tutti i costi di vincere le nostre resistenze interne, magari appellandoci alla nostra forza di volontà.

Supponiamo di voler smettere di fumare. Abbiamo un programma che ci spinge a fumare perché ci fa associare alle sigarette una sensazione di rilassatezza e di piacere. Poi abbiamo il programma “forza di volontà” che invece ci spinge a perseguire il nostro obiettivo anche a costo di dover soffrire. Ora ogni volta che una persona cerca di smettere di fumare mette i due programmi uno contro l’altro, in una sorta di immaginario tiro alla fune. Il risultato finale dipende da quale dei due programmi è “più forte”.
Invece di contrapporre due aspetti della nostra personalità, potremmo decidere di "prendere" il comportamento che non ci piace, “aprire” il codice di quel programma e semplicemente “riscriverlo”. Così, invece di appellarci alla nostra forza di volontà, possiamo riscrivere il nostro programma "vizio del fumo" in modo da associare del dolore all’immagine della sigaretta e non più del piacere. Possiamo condizionarci in modo tale che l’idea di fumare ci procuri sensazioni sgradevoli. Ed ecco che il nostro processo di cambiamento sarà molto più facile e duraturo

L’obiettivo dei post futuri sarà proprio quello di illustrare le tecniche per riscrivere i programmi (cioè i comportamenti) che non ci piacciono. Perché, invece di aver contrapposto ad un nostro comportamento un’altra caratteristica della nostra personalità (la “forza di volontà”, solitamene più debole), avremo cambiato il nostro sistema di rappresentazioni interne rispetto a quel particolare comportamento. Ora riscrivere il codice dei nostri programmi non è un processo razionale (anche se una preventiva analisi razionale migliora il processo). Razionalmente il fumatore sa di danneggiare la propria salute e di compromettere seriamente la qualità della sua vita, eppure tale analisi razionale non è sufficiente per modificare quel comportamento, per riscrivere il codice di quel programma.

Il software del cervello

Molte persone credono che tutte le caratteristiche del carattere siano innate. ci si può ad esempio considerare timidi, introversi, riservati; più adatti alla riflessione e alla introspezione che alla vita sociale; poco incline a svolgere attività manuali e più portati per lo studio. E ci si convince profondamente di essere fatti così.
Tuttavia, questo modo di essere porta a soffrire perchési avverte come un limite: si sente un forte bisogno di confrontarsi con gli altri, di socializzare e di fare tutta una serie di cose che invece non si fanno a causa di limiti e paure che ci bloccano. E quando ci sforziamo di cambiare, di essere diversi, inevitabilmente ci si scontra con questi limiti e ci si trova a ripetersi frasi come “sono fatto così”, “sono nato timido e introverso e non posso farci niente”, “una pecora non potrà mai diventare un leone” e così via…

Questo genere di condizionamenti sono conseguenza del tipo di educazione che abbiamo ricevuto e del sistema socioculturale nel quale siamo cresciuti.
Certo, se dai primi anni dell’infanzia ti risuona nelle orecchie la voce di un genitore che ripete “Francesco è un ragazzino bravo e studioso e non esce fin quando non ha finito i compiti”, oppure “Fai attenzione alle persone lì fuori, il mondo è pieno di pericoli”, o di una maestra che ti dice “Sei un ragazzino troppo timido...” o ti ritrovi con degli amici di scuola che non perdono occasione per metterti in ridicolo... beh, in un modo o nell’altro tutte queste esperienze ti condizioneranno. Non è nemmeno detto che "sottoposto a questo genere di sollecitazioni" diventerai automaticamente una persona timida e introversa; magari potresti sviluppare aggressività. Di sicuro c’è che quel genere di esperienze avrà un certo effetto nello sviluppo della tua personalità. In altre parole quello che voglio dimostrare è che ciò che siamo oggi non è dovuto ad una serie di informazioni scritte nel nostro DNA. Ciò che siamo è frutto dei condizionamenti, degli insegnamenti e dell’educazione che abbiamo ricevuto negli anni e che noi abbiamo rielaborato con il nostro cervello. Alla formazione di un individuo concorrono tanti fattori: i genitori, gli insegnanti, gli amici, i media. Tante informazioni che vengono immagazzinate e rielaborate dall’individuo.
Se ancora in fasce ti avessero consegnato ad una comunità di Eschimesi, oggi saresti completamente diverso da come sei.

Quindi iniziamo a considerare il nostro carattere, i nostri limiti, le nostre paure, i nostri valori e le nostre virtù non come un qualcosa che è scritto nel nostro patrimonio genetico, ma come un programma installato nel nostro cervello. Un programma che è stato codificato negli anni, a partire dalla nostra infanzia, e che si è radicato in noi.

Pensiamoci come un personal computer: il nostro cervello è l’hardware, la parte fisica che si può toccare. Il modo in cui ci comportiamo, ciò che siamo, è il software installato nel nostro cervello.
Ho buoni motivi per ritenere che la “dotazione” hardware di ognuno di noi è praticamente identica: non c’è alcun motivo di ritenere che geneticamente una persona sia più intelligente di un’altra o che abbia "caratteristiche cerebrali" migliori. La differenza in tutti i casi la fa il software installato nel cervello.

La notizia meravigliosa è che, come succede con i computer, ogni software installato si può disinstallare; e al suo posto possiamo metterne uno migliore, che ci piaccia di più e ci faccia sentire meglio.

Inizia subito a riflettere su questo concetto e a liberarti della convinzione che "sei così perché così sei nato e non puoi farci niente". Ogni aspetto di te che non ti piace, può essere cambiato.

E ti dirò che non è poi così difficile e non ci vuole nemmeno troppo tempo.